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Da quando Leonardo Sciascia, ripubblicando da Cappelli, a Bologna, nel 1963, La Nana di Navarro della Miraglia ha riaperto lo scrigno polveroso dei narratori minori del secondo Ottocento in Sicilia facendone intravedere la ricchezza, non sono affatto mancati i recuperi o le scoperte. Sorvolando su ripescaggi minuti, basterĂ ricordare velocemente la pubblicazione in volume, a Milano, da Rizzoli, nel 1969, dell`Ultimo borghese di Enrico Onufrio, per la curatela di S. Comes (il romanzo era apparso in 55 puntate sul ?Giornale di Sicilia? di Palermo, dal 4 gennaio al I marzo 1885) nonch? la ristampa di Macchiette parigine, a cura di Carlo Cordi? (Palermo, Edizione della Ragione Sicilia. 1974), di Storielle siciliane (Palermo, Sellerio, 1974) e ancora della Nana (Palermo, Sellerio 1997) di Navarro della Miraglia, a cura di Natale Tedesco, cui si deve anche l`introduzione a Le paritĂ e le storie morali di nostri villani di Serafino Amabile Guastella (Palermo, Floccovio, 1995). Per non dire della ristampa dei due romanzi di Ragusa Moleti, Il Signore di Macqueda e Caleidoscopio: il primo a cura di Francesco Paolo Scrima, a Palermo, per Il Vespro, nel 1980; il secondo a cura di Cinzia Gallo, a Siracusa, nel 1997 (la giovane studiosa ha anche curato l`edizione, ad Acireale, nel 2000, delle Lettere di Ragusa Moleti), e poi, a cura di Domenica Perrone, insieme con il ?capriccio? Mentre russava, a Palermo, nel 2000.
Si sono, nel contempo, intensificati gli studi su questo ricco filone della letteratura nazionale, con gli apporti significativi non solo dei curatori delle varie ristampe, ma anche di altri, catturati dall`indubbio interesse e talora dalla bellezza effettiva dei testi. Il rimando d`obbligo va al ricco, ottavo volume, a piĂ¹ voci, della Storia della Sicilia, curato da un infaticabile Natale Tedesco per i tipi di Editalia (Roma, 2000), Pensiero e civiltĂ letteraria dell`Ottocento e del Novecento.
E va detto che non tutto quello che merita di essere ripubblicato ha rivisto la luce: opere degli scrittori suddetti e di altri siciliani di fine secolo giacciono ancora nei vari ripiani di quello scrigno cui test?, senza retorica, si accennava.
Oggi, tuttavia, il vasto mosaico della letteratura siciliana del secondo Ottocento comincia a comporsi su linee meno scontate di quanto non fosse in precedenza, dacch? si infittisce la trama intertestuale delle forme e dei temi, mentre si rivelano molto stretti i nessi che legarono gli scrittori di Sicilia alla Scapigliatura milanese prima e quindi al Verismo da un lato e al Decadentismo dall`altro.
C`erano, insomma, validi motivi per organizzare, nel 2003, nell`ambito di un PRIN sulla Novellistica siciliana del secondo Ottocento, un convegno che facesse il punto sui protagonisti di questa fase significativa della nostra storia letteraria, nella speranza ? nemmeno troppo dissimulata -che potessero emergere, in maniera piĂ¹ nitida, i tratti comuni e le differenze specifiche dei vari narratori.
Il convegno, alla cui organizzazione ha notevolmente contributo un entusiasta e combattivo Gianvito Resta, ha incontrato il consenso immediato dei colleghi provenienti da ogni parte d`Italia, a ognuno dei quali va il mio sentito ringraziamento per la partecipazione qualificata che hanno voluto assicurare: a loro si deve, senza meno, il successo senza ombre dell`iniziativa.
Un convitato di pietra ha partecipato al convegno messinese: Giovanni Verga, di cui rifulgeva, appetto dei conterranei, lo splendore incommensurabile della sua rivoluzione stilistica insieme con la forza del suo materialismo senza vagheggiamenti lirici o edenici, viepiĂ¹ giganteggiando il catanese fra tanti che forse nemmeno intuirono i segni della sua effettiva grandezza.
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