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Due ragioni soprattutto ci hanno fatto accettare con grande gioia e riconoscenza la proposta fattaci da benefattori (dei quali rispettiamo il desiderio di restare anonimi) che si sono offerti di finanziare una seconda edizione, arricchita di nuovi apporti, del volume di Giuseppe Miligi, Francescanesimo al femminile, al fine di celebrare degnamente il 750? anniversario del “transito” di Santa Chiara (1253).
La prima ragione sta nel fatto che la ristampa ci offre l`opportunità di annunziare ai nostri concittadini messinesi ed all`intero mondo francescano, in questo particolare anno di Grazia, che il mistero che copriva l`origine del “codicetto di Montevergine” non è più tale.
Quello che ora sappiamo di esso è ben al di là di quanto osavamo sperare. Quel minuscolo manoscritto (cm. 7?5) che veneriamo come reliquia è di mano di frate Leone: la “pecorella di Dio” dei Fioretti, il confessore e segretario di “frate Francesco”, profondamente legato di spirituale amicizia a “sorella Chiara”: unico testimone presente al “transito” dell`uno e dell`altra.
Alla felice soluzione del problema, un contributo indiretto l`ha dato Francescanesimo al femminile che al suo primo apparire ebbe larga diffusione (è stato inviato a tutti i monasteri italiani di clarisse ed ai principali centri di cultura francescani) e favorevole accoglienza dalla critica di ogni tendenza: anche per i preziosi contributi portati alla sua vasta Appendice da illustri docenti dell`Università di Messina e dallo stesso autore del libro.
Particolare interesse aveva destato, infatti, tra gli studiosi la vicenda, per tanti versi allora misteriosa, del nostro codicetto al quale il prof. Miligi giustamente dava grande rilevanza in quanto alla sua origine e datazione era ? ed è ? strettamente connesso il problema controverso dell`autenticità di due scritti di fondamentale importanza per la storia del nostro Ordine: il Privilegium paupertatis concesso da Innocenzo III ed il Testamentum di Santa Chiara.
Fu così che in margine al libro si accese un`animata querelle che vide impegnati paleografi e studiosi italiani e stranieri di gran nome. Alcuni di essi si diedero appuntamento per il 6 maggio del 1998 al nostro monastero per una collettiva expertise “dal vivo” del prezioso documento. La discussione fu lunga ed animata, ma i pareri rimasero discordi.
Ai poli opposti dello schieramento si attestarono il prof. Werner Maleczeck (paleografo dell`Università di Vienna, autore di un saggio il cui scopo era dimostrare per via paleografica come il nostro manoscritto ? che agli occhi di Eustochia nel 1460 era apparso vetusto molto ? altro non fosse che un falso “prodotto in ambienti della riforma osservante” nella seconda metà del secolo XV) ed il perugino prof. Attilio Bartoli Langeli dell`Università di Padova, che, a contatto dell`emozionante libretto (così lo disse) si confermò nell`opinione che la sua genesi fosse “duecentesca e francescana, di un certo francescanesimo”.
E così, a due anni di distanza da quell`incontro, lo studioso umbro pubblicava nella collana Autographa Medii Aevi del prestigioso Corpus Christianorum il volume Gli autografi di frate Francesco e di frate Leone, nel quale il “Manoscritto di Messina” trovò posto tra gli autografi di frate Leone: secondo quanto dimostra inoppugnabilmente il saggio (eccezionale per spessore filologico e penetrazione critica) a supporto dell`attribuzione.
Su richiesta del prof. Miligi, l`amabile cortesia del suo autore ce ne ha fornito ora un riassunto, in termini accessibili anche ai non “addetti ai lavori”, per questa nuova edizione di Francescanesimo al femminile.
La seconda ragione è legata ad un quadro (altra offerta di un benefattore) che è venuto ad arricchire il patrimonio artistico della nostra Chiesa, e che il lettore potrà ammirare riprodotto in questo volume. Ne è autore un pittore di chiara fama, Athos Collura. Raffigura la beata Costanza, regina d`Aragona e di Sicilia che, rimasta vedova, si fece clarissa e fondò a Messina un monastero intitolato a Santa Chiara nel 1295, su licenza di Celestino V.
La cerimonia dello scoprimento del quadro fu accompagnata da una celebrazione eucaristica officiata da S.E. mons. Sgalambro, vescovo di Cefalù, il 28 luglio dello scorso anno. La data non fu scelta a caso. Ricorreva, quel giorno, il 70? anniversario di un evento provvidenziale per la storia del nostro monastero che, minacciato di estinzione, rifiorì a nuova vita accogliendo tra le sue mura la numerosa comunità delle clarisse dell`antico monastero fondato dalla beata Costanza, che il terremoto del 1908 aveva costretto a vivere in baracca in un rione del quartiere Giostra che i messinesi tuttora chiamano “rione Santa Chiara”.
Particolare toccante. Profonda emozione ha certo provato assistendo a quella cerimonia il 28 luglio dello scorso anno, una nostra anziana consorella. Si chiamava Chiara Paolina Aricò: era l`ultima superstite delle clarisse del monastero fondato dalla beata Costanza che settant`anni prima si era fuso col nostro.
Passò a miglior vita pochi mesi dopo.

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