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Introdotte da un bel saggio di Rando
le “Novelle siciliane” di Pirandello Edizioni EDAS
Antonino Sarica
È da poco in libreria Novelle siciliane, di Luigi Pirandello, quinto titolo della collana “Otto-Novecento siciliano» diretta da Giuseppe Rando e pubblicata da Edas (Edizioni Dr. Antonino Sfameni). Di tal pregevole collana ricordiamo i titoli precedenti: La narrativa di Edoardo Giacomo Boner (2002), di Giuseppe Rando, e, di Enrico Onufrio, La spugna d’Apelle (2004), Novelle disperse (2008), Scritti letterari e saggi di varia umanità (2008).
Il volume dedicato a Boner comprende due saggi, naturalmente relativi ad opere (racconti, novelle e leggende) di questo singolare, versatile letterato nato nella città peloritana nel 1864, da padre svizzero e madre messinese, e scomparso nell’alba fatale del 28 dicembre 1908. Vi figurano, tra l’altro, scritti di Concetto Marchesi e Luigi Capuana. Notevoli i tre volumi di Enrico Onufrio, «scrittore precoce» – osserva il professor Rando –, «testimone lucidissimo del suo tempo», nato a Palermo nel 1858 e morto giovanissimo ad Erice, nel 1885. «Godibili» racconti, nei primi due volumi, «pregni degli umori positivistici, anticlericali e antigovernativi della Scapigliatura “democratica”», che sovente esaltano «la dimensione demologica della novellistica del secondo Ottocento».
Il terzo volume ospita la produzione giornalistica di Onufrio. Una produzione vasta, davvero sorprendente, «ove si consideri – rileva Rando –, accanto alla precocità clamorosa dello “scapigliato siciliano”, il breve arco di tempo in cui s’inscrive».
Ma torniamo al nuovo invitante titolo della collana in questione, cioè alle novelle pirandelliane. Nulla di nuovo, s’intende, in Novelle siciliane, a parte il bel saggio introduttivo di Giuseppe Rando, che invita a «rileggere» taluni testi fondamentali, da lui scelti nella vastissima opera narrativa di Pirandello, e propone anche non consuete chiavi interpretative. Del resto, ogni riedizione ragionata di lavori letterari del geniale autore siciliano non può che riscuotere consensi; tanto più se vanta, come questa dell’Edas, una veste tipografica ben curata ed elegante.
Nel «gran mare» delle Novelle per un anno, quelle «siciliane» si distinguono, hanno una propria chiara «personalità ». Rando le ha dunque raccolte, e codesta loro personalità ha debitamente definito nel suo saggio d’apertura.
Nella novellistica di Pirandello affiora intanto una franca «denuncia dell’arretratezza meridionale». L’insigne letterato procede quindi «lungo la strada dei veristi», decisamente «pigia sul pedale espressionistico», e dà in pasto al lettore una realtà «senza idillio e senza luce alcuna di progresso». Quanto alle sue novelle «siciliane», esse derivano la loro speciale dimensione – nota ancora Rando – anzitutto «dalla singolarità psicologica e dalla teatralità naturale di certi personaggi (…), fissati in pose estreme dalla deformante carica espressionistica della scrittura»; i quali di fatto s’impongono nell’immaginario collettivo «come pirandelliani tout court».
Le riflessioni di Giuseppe Rando evidentemente non si fermano qui. Conviene leggerlo fin in fondo, il suo saggio, prima di assaporare le fascinose pagine di Pirandello. È un saggio denso di dotte citazioni; vi s’incrociano le analisi, non di rado illuminanti, di numerose novelle. Il libro ne contiene poco meno di venti.
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