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Enrico Onufrio, nato a Palermo nel 1858 e morto ventisettenne ad Erice nel 1885, ha lasciato tracce luminose del suo precoce ingegno nei territori della narrativa, della poesia, del giornalismo e della saggistica di fine Ottocento. Di questo sfortunato scrittore, caro a Verga e a Rapisardi, Giuseppe Rando ha già rinverdito gli allori, ristampando, dopo più di un secolo di colpevole dimenticanza dei suoi conterranei, la raccolta di novelle intitolata La spugna d`Apelle e pubblicando in volume, dopo averle strappate dalle pagine ingiallite dei giornali dell`epoca, le stupende Novelle disperse: tra queste L`adultera del cielo, da sola, franca la spesa.
L`italianista messinese torna ora ad occuparsi dello “scapigliato siciliano”, raccogliendo in volume una nutrita serie di scritti dispersi, che servono egregiamente a fissarne definitivamente l`immagine.
Nelle due sezioni del libro (Scritti letterari e Saggi di Varia umanità) risaltano i tratti caratteristici della personalità multiforme del palermitano: il piglio vorace del giornalista di razza, l`ardore dell`intellettuale democratico e socialista, la sagacia del critico, la limpidezza della scrittura, cui conferisce un indubbio, particolare incanto il dono sovrano dell`ironia.
Il ritratto di Giovanni Verga, i giudizi puntuali e rigorosi sul primo D`Annunzio, su Carlo Dossi, su Emilio Praga, sui Promessi sposi colgono nel segno.
Per non dire dell`ammiccante affabulazione del memorialista e dell`acume speciale del cultore di tradizioni popolari.
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