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La spugna d`Apelle ha il fascino delle opere prime e a dispetto del silenzio cui è stata costretta per più di un secolo ancora parla al lettore, non sfigurando affatto nel variegato complesso della narrativa “minore” del secondo Ottocento siciliano.
Enrico Onufrio, cui non difetta la volontà di sperimentare il nuovo e il piacere sconfinato della scrittura, combina in un unico libro racconti di taglio e orientamento diverso: due testi odeporici (La terra dei Feaci, Santa Maura); due bozzetti palermitani (La gastima, Viva la Madonna); un bozzetto siciliano (San Giusto); due racconti scapigliati (I lunedì della contessa, Gl`incerti del mestiere), un racconto verista (Marta) e un racconto storico-manzoniano sulla peste di Palermo del 1624 (Santa Rosalia), a sua volta scomponibile in quattro capitoli, assimilabili a quattro racconti.
La raccolta diventa, pertanto, un originale collage delle principali forme narrative del diciannovesimo secolo, rivelando uno scrittore di vaglia – Giovanni Verga lodò, per primo, il libro e riconobbe la “stoffa d`artista” del suo autore – che getta squarci di luce violenta sui molti dolori, sulle poche gioie, sulle tremende vessazioni imposte ai siciliani (antichi e moderni) nonchè ai milanesi (progrediti) da un potere disumano che assume di volta in volta le fattezze del governo assente, di certo cattolicesimo sclerotizzato nei paludamenti tridentini, dell`aristocrazia perbenista, della borghesia affarista.

Info Autore

Enrico Onufrio, nato a Palermo nel 1858 e morto ventisettenne ad Erice nel 1885, ha lasciato tracce luminose del suo precoce ingegno nei territori della narrativa, della poesia, del giornalismo e della saggistica di fine Ottocento. Di questo sfortunato scrittore, caro a Verga e a Rapisardi, Giuseppe Rando ha già rinverdito gli allori, ristampando, dopo più di un secolo di colpevole dimenticanza dei suoi conterranei, la raccolta di novelle intitolata La spugna d`Apelle e pubblicando in volume, dopo averle strappate dalle pagine ingiallite dei giornali dell`epoca, le stupende Novelle disperse: tra queste L`adultera del cielo, da sola, franca la spesa.
L`italianista messinese torna ora ad occuparsi dello “scapigliato siciliano”, raccogliendo in volume una nutrita serie di scritti dispersi, che servono egregiamente a fissarne definitivamente l`immagine.
Nelle due sezioni del libro (Scritti letterari e Saggi di Varia umanità) risaltano i tratti caratteristici della personalità multiforme del palermitano: il piglio vorace del giornalista di razza, l`ardore dell`intellettuale democratico e socialista, la sagacia del critico, la limpidezza della scrittura, cui conferisce un indubbio, particolare incanto il dono sovrano dell`ironia.
Il ritratto di Giovanni Verga, i giudizi puntuali e rigorosi sul primo D`Annunzio, su Carlo Dossi, su Emilio Praga, sui Promessi sposi colgono nel segno.
Per non dire dell`ammiccante affabulazione del memorialista e dell`acume speciale del cultore di tradizioni popolari.

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